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Corruzione, il rapporto dell’Anac: “Nella pubblica amministrazione mazzette da 50 euro. Mafie e tangenti: col Covid effetti devastanti”

Mazzette che nella pubblica amministrazione a volte arriva al massimo a 50 euro. Ed è anche per questo che ormai le mafie fanno sempre più uso nella corruzione per i rapporti con il pubblico: un fenomento che in tempi di emergenza coronavirus porta a effetti devastanti. Sono due degli aspetti sottolineati dalla relazione annuale dell’Autorità nazionale anticorruzione. “Il fenomeno corruttivo è piuttosto polverizzato e multiforme, e coinvolge quasi tutte le aree territoriali del Paese. Il valore della tangente è di frequente molto basso e assume sempre di più forme diverse dalla classica dazione di denaro, come l’assunzione di amici e parenti. Desta particolare allarme il fatto che la funzione pubblica sia venduta per molto poco, 2.000 o 3.000 euro, a volte anche per soli 50 o 100 euro“, scrive Francesco Merloni, presidente dell’Anac ad interim dopo l’addio di Raffaele Cantone e in attesa della nomina di un successore da parte del Parlamento. “Dietro consensi di facciata – ha detto il presidente facente funzioni – abbiamo registrato resistenze, spesso silenziose e tenaci, accompagnate da tentativi di dipingere l’Autorità per quello che non è mai stata e si è sempre sforzata di non essere, come un intralcio o un produttore di nuovi vincoli, solo perché presente e attiva. Le resistenze restano. Né si può immaginare un cambiamento immediato della cultura amministrativa”.

“Mafie e tangenti, durante l’emergenza effetti devastanti” – Il punto della corruzione nella pubblica amministrazione è particolarmente dettagliato nel rapporto. “Tra le contropartite più singolari – si legge -, figurano ristrutturazioni edilizie, riparazioni, trasporto mobili, pasti, pernottamenti e buoni benzina. Pensate che in un caso segnalato quest’anno, in cambio di un’informazione riservata è stato persino offerto un abbacchio“. Sull’altro fronte, quello delle mafie, il report sottolinea come il trend del fenomeno corruttivo “è in continuo aumento. Nel 2019 sono stati comunicati 633 provvedimenti di interdittiva Antimafia, contro i 573 del 2018, il 10% in più, e dal 2015 siamo circa a 2.600. Il dato è molto preoccupante perché le organizzazioni criminali ricorrono sempre più spesso a sistemi corruttivi per raggiungere i loro scopi, approfittando anche delle situazioni emergenziali come quella in corso, con effetti devastanti sul sistema economico e sulle imprese sane, già pesantemente colpite dalla crisi”.

“Dietro consensi di facciata, abbiamo registrato resistenze, spesso silenziose e tenaci, accompagnate da tentativi di dipingere l’Autorità per quello che non è mai stata e si è sempre sforzata di non essere, come un intralcio o un produttore di nuovi vincoli, solo perché presente e attiva. Le resistenze restano. Né si può immaginare un cambiamento immediato della cultura amministrativa”

“Per l’emergenza già spesi 3 miliardi, comportamenti speculativi nelle forniture” – Il rapporto, chiaramente, dedica ampia parte del suo contenuto al periodo del coronavirus, che ha determinato, com’era prevedibile, un “impatto molto rilevante sulla finanza pubblica. A questo dato, legato in parte alle naturali dinamiche del mercato connesse all’accaparramento di tali prodotti sullo scenario internazionale, non possono ritenersi estranei comportamenti speculativi e predatori da parte di soggetti variamente posizionati lungo la catena di fornitura, come già emerso da svariate indagini della magistratura”, si legge nel rapporto. Secondo l’Autorità, “è evidente, peraltro, che queste spese sono destinate ad una crescita consistente nel breve-medio periodo, visto che l’atteso riavvio delle attività dovrà essere supportato da una più ampia e capillare distribuzione di dispositivi di protezione individuale e dei sistemi di diagnosi. La domanda di tali beni potrebbe quindi attestarsi su valori multipli rispetto a quelli relativi al periodo già trascorso, impegnando una quota ancora più ingente della spesa pubblica nazionale”. Sul fronte dei numeri nel primo quadrimestre del 2020 la Banca dati nazionale dei contratti pubblici detenuta dall’Anac ha registrato 61.637 procedure connesse all’emergenza sanitaria, per una spesa complessiva di 3 miliardi. La voce di spesa più significativa è quella relativa alla fornitura di dispositivi di protezione individuale (dpi), che da sola rappresenta quasi il 70% del totale: mascherine (oltre un miliardo, il 38%) e altri dpi come guanti, camici e visiere (942 mln). Solo il 3% per i tamponi. Per questo motivo l’Anac ha sottolinato “l’abnorme lievitazione dei prezzi” rispetto ai prezzi riconoscibili ante emergenza e forte variabilità degli stessi sul territorio nazionale e scostamento nella qualità e quantità delle forniture rispetto alle caratteristiche richieste. La gran parte dell’importo, oltre 2 miliardi, è riferibile al periodo più critico dell’emergenza, ovvero qello compreso fra il primo marzo e il 10 aprile. La spesa legata all’emergenza Covid è stata gestita per poco più di un terzo a livello centralizzato nazionale (39%) e per la parte restante a livello regionale (61%). La spesa direttamente riferibile agli enti locali è invece del 4,5%”.

44 appalti commissariati – Sul fronte degli appalti commissariati sono 44 quelli, fra il 2014 e il 2019, per i quali ha chiesto e ottenuto il commissariamento dalle prefetture competenti per vicende di matrice corruttiva. “Nel 2019 sono stati quattro: lavori per la manutenzione del depuratore del comune di Capistrello (l’Aquila), interventi di efficientamento energetico in una scuola di Piglio (Frosinone), l’affidamento di servizi socio-sanitari e assistenziali in provincia di Alessandria e Genova e il contratto di noleggio di alcuni mezzi da cantiere in provincia di Sondrio. La ratio dell’istituto è di evitare che gli illeciti commessi dall’impresa aggiudicataria incidano sui tempi di esecuzione o pregiudichino la realizzazione delle opere”, si legge nel rapporto.

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Fonte: ilfattoquotidiano.it

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