Problemi per Antonio Angelucci nel Lazio. Nicola Zingaretti, su pressione del suo assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, ha revocato l’accreditamento al sistema sanitario regionale per la Rsa San Raffaele Rocca di Papa, dove ad aprile si sono registrati ben 178 casi di contagio da coronavirus e 21 decessi. Non solo. A quanto apprende Ilfattoquotidiano.it, si starebbe valutando di avviare un iter simile anche per l’Irccs San Raffaele Pisana, il “fiore all’occhiello” del gruppo di proprietà della famiglia del deputato di Forza Italia, ospedale divenuto nel mese di giugno uno dei più importanti focolai romani dall’inizio dell’emergenza. La decisione sul presidio di Rocca di Papa, in provincia di Roma, è giunta alla fine di una lunga istruttoria, iniziata appunto ad aprile con una durissima relazione della Asl Roma 4, nella quale si evidenziava il mancato rispetto delle più basilari precauzioni contro il contagio da Covid-19 – “mancata separazione dei reparti tra degenti Covid e No Covid”, “assenza di percorsi assistenziali e di servizio differenti”, “presenza di locali non adeguati per la vestizione e la vestizione degli operatori sanitari” – oltre alla presenza di un direttore sanitario senza i titoli necessari per ricoprire quel ruolo, poi prontamente licenziato dall’azienda.
Via alla cassa integrazione: rischiano 148 persone – Le contromosse del gruppo San Raffaele non si sono fatte attendere. “Prendiamo atto – si legge in una nota stampa – del decreto del Commissario ad acta. Un provvedimento che ci appare inaccettabile e abnorme e in merito al quale ci difenderemo nelle sedi istituzionali preposte”. L’obiettivo degli Angelucci è quello di ottenere subito la sospensiva al Tar del Lazio, per poi provare a ribaltare la decisione davanti ai magistrati amministrativi. Nel frattempo la società ha comunicato anche di aver “provveduto ad attivare la cassa integrazione” per i 148 dipendenti della struttura dei Castelli Romani. Decisione che ha scatenato i sindacati. “Chiediamo un immediato intervento della Regione Lazio e della Asl per salvaguardare i posti di lavoro e i salari”, affermano Giancarlo Cenciarelli, Roberto Chierchia e Sandro Bernardini, segretari generali di Fp Cgil Roma e Lazio, Cisl Fp Lazio e Uil Fpl Roma e Lazio. “Gli operatori – proseguono – devono essere tutti garantiti o reimpiegati in altre strutture, tanto più che il sistema delle Rsa è in gravissima carenza di organico e di posti letto”.
Possibile iter per l’Irccs Pisana: si attende l’audit della Asl – E ora lo scontro fra la giunta regionale dem e il deputato forzista potrebbe salire di livello. In Regione si sta riflettendo sull’opportunità di avviare un iter simile anche per l’Istituto San Raffaele Pisana, dove nel mese di giugno si è registrato un pericoloso focolaio che ha portato a oltre 120 positivi e 5 decessi, costringendo la Asl Roma 3 a una maxi-indagine epidemiologica con oltre 3.000 persone testate, fra operatori e pazienti. Sul caso della Pisana è stato aperto un fascicolo alla Procura di Roma ed in corso un’indagine dei Nas. Al lavoro anche gli ispettori della Asl, il cui audit però tarda ad arrivare. Revocare l’accreditamento all’Irccs Pisana, tuttavia, significherebbe affossare il gruppo San Raffaele e spingere verso la chiusura uno dei più importanti centri per la riabilitazione del centro Italia. Resta, come rilevato dall’assessore D’Amato, che le quattro cliniche del gruppo fortemente colpite dal Covid durante la pandemia – ci sono anche Cassino e Monte Compatri – hanno portato a superare gli oltre 300 contagiati, con decine di vittime. Oltre alla Procura di Roma, sono al lavoro anche i magistrati di Cassino e di Velletri.
La guerra dei laboratori privati: il Pd contro D’Amato – La decisione sulle altre cliniche degli Angelucci rischia di creare una guerra nello stesso Partito democratico del Lazio. Il San Raffaele, infatti, a marzo aveva chiesto alla Regione di poter effettuare i tamponi nel laboratorio proprio all’interno dell’Istituto Pisana, ma dall’Unità di crisi è arrivata una risposta negativa. L’assessore D’Amato – di concerto con i vertici dello Spallanzani – ha mantenuto la posizione secondo cui i test molecolari non possano essere effettuati dai privati (sebbene si sia derogato a questo principio con il Policlinico Gemelli e il Campus Bio-Medico). Ma dopo il ricorso al Tar vinto dal centro diagnostico privato Altamedica Artemisia, il Pd si è schierato tutto contro il proprio assessore: “Per rafforzare la lotta e il contrasto alla diffusione del maledetto virus è molto positiva la decisione del governo di includere nella rete di controlli e test anche i centri privati, in possesso dei requisiti”, il comunicato firmato da Bruno Astorre e Marco Vincenzi, rispettivamente segretario e capogruppo consiliare del Pd Lazio.
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Fonte: ilfattoquotidiano.it