Non sono bastati gli scioperi in venti città italiane e la condanna unanime dei sindacati confederali e delle sigle autorganizzate, oltre alla censura del ministero del lavoro. Nel giorno dell’entrata in vigore del nuovo contratto collettivo nazionale dei rider le due realtà che lo hanno sottoscritto con un accordo sottobanco tornano a parlare a nome di tutta la categoria per difenderlo: “Finalmente i rider sono riconosciuti come titolari di diritti fino ad ora negati”, sostiene il segretario generale di Ugl, Paolo Capone, assente al tavolo di trattativa aperto in agosto al Ministero. Dal canto suo Assodelivery, l’associazione delle piattaforme come Glovo, Deliveroo e Just Eat, rivendica che “il contratto salva 30mila posti di lavoro ed è un enorme passo in avanti perché permette alle imprese di fornire tutele e diritti anche nell’ambito del lavoro autonomo”.
Questo è il punto che interessa davvero ai colossi del food delivery, intenzionati a escludere in ogni modo il riconoscimento del lavoro subordinato e le tutele ad esso collegate, dalla malattia alle ferie. “Sono gli stessi rider, quelli veri, a voler restare lavoratori autonomi scegliendo non soltanto quando, quanto, dove e come collaborare, ma anche se accettare o meno una richiesta di consegna”, è la posizione di Ugl. Peccato però che tutti gli altri sindacati siano dell’idea opposta, supportati dalle sentenze che hanno identificato quello tra i rider e la piattaforme come un rapporto etero-organizzato, una tipologia di collaborazione a cui si applica la disciplina della subordinazione.
Ma la frattura riguarda anche quelle che Ugl rivendica come conquiste. Su tutte il compenso minimo di 10 euro all’ora, che per i confederali è un cottimo mascherato. Quella somma, ricordano, è calcolata partendo dal presupposto che un fattorino non rimanga fermo neanche un minuto, mentre il lavoro dei rider è fatto anche di tempi morti e pause tra una consegna e l’altra. Tempo messo a disposizione delle aziende che però non viene retribuito. L’introduzione di un vero e proprio salario minimo, questa volta 7 euro all’ora, riguarda soltanto le città di nuova apertura e per i primi quattro mesi, dunque un tempo molto limitato e per una platea ridottissima. “In questo momento più di 10mila lavoratori che stanno effettuando consegne di cibo in giro per le nostre città sono pagati una miseria, perché i 10 euro lordi non corrispondono neppure a un’ora di lavoro ma alla somma dei tempi che la piattaforma ha stabilito unilateralmente per ogni consegna”, sottolinea la Fit-Cisl in una nota.
Discorso simile per le indennità che il nuovo contratto riconosce ai rider in caso di lavoro notturno, festività e maltempo, dal 10 al 20 per cento a seconda della presenza di una o tutte queste condizioni insieme. Una presa in giro, a detta dei sindacati, perché l’orario notturno inizia all’una di notte, quando ormai pochissimi ristoranti e solo nelle grandi città sono ancora aperti, mentre nei festivi non sono considerate le domeniche ma solo le festività nazionali. Sul premio di 600 euro riconosciuto ai fattorini che effettuano 2000 consegne i sindacati invece sono scettici perché ritengono troppo alta la soglia, alla quale in un anno arrivano poche centinaia di rider.
Critiche all’accordo sono arrivate anche dal Ministero del lavoro, che poco dopo la firma del contratto ha inviato una lettera ad Assodelivery sollevando dubbi in particolare sulla effettiva rappresentatività del sindacato Ugl. Dopo quella presa di posizione però il ministero si è fermato, dicendo di aver fatto il possibile, e solo ora ha annunciato la riconvocazione delle parti, comprese Assodelivery e Ugl, per mercoledì prossimo a Roma. Intanto il contratto è in vigore e le aziende da giorni lo stanno di fatto imponendo ai rider, chiedendo di firmarlo pena la disattivazione dell’account.
L’articolo Rider, Assodelivery: “Con il nuovo contratto salvati 30mila posti”. Pagati ancora in base alle consegne, senza ferie né malattia proviene da Il Fatto Quotidiano.
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Fonte: ilfattoquotidiano.it