L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori così come modificato dalla “riforma Fornero” è incostituzionale con riferimento all’articolo 3 della Costituzione.
Lo ha detto la Corte Costituzionale mettendo in discussione la parte della norma in cui prevede che il giudice, una volta accertata la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, “può altresì applicare”, invece che “applica altresì” la tutela reintegratoria. Lo si può leggere nella sentenza n. 59 cliccando qui.
La reintegrazione, secondo il Giudice costituzionale, non può essere prevista come facoltativa – deve essere quindi obbligatoria – altrimenti il principio di eguaglianza sostanziale tra cittadini risulta violato. Ciò vale per i licenziamenti per giusta causa e per quelli per giustificato motivo soggettivo e deve valere anche per i licenziamenti economici quando il fatto che li ha determinati è manifestamente insussistente (es. licenzio un lavoratore perchè ho soppresso un servizio a cui era dedicato invece viene dimostrato che dietro c’è solo una motivo discrimininatorio fondato sul genere, religione, razza oppure ovvero il licenziamento sia stato intimato per inidoneità fisica o psichica del lavoratore).
La censura della Corte riguarda la norma sulla reintegrazione dei licenziamenti economici che il Legislatore del 2012 (con la Legge Fornero) ha reso facoltativa senza offrire al giudice ordinario un chiaro criterio direttivo. Sulla base di questa norma infatti, i giudici possono scegliere tra la reintegrazione nel posto di lavoro o la tutela indennitaria (liquidazione senza reintegrazione), e nel farlo non hanno alcun punto di riferimento previsto dalla legge.
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