Continua la dura lotta al caporalato nei campi di tutta Italia. Sono molte le vittime, di origine italiana ma anche straniera, ad aver denunciato condizioni di sfruttamento, che le hanno portate a lavorare addirittura per 3 euro l’ora dodici ore al giorno in condizioni disumane sotto il sole caldo dell’estate.
Esemplare è il caso dell’inchiesta anticaporalato “Ponos” del tribunale di Palermo, la cui sentenza il 2 ottobre dello scorso anno ha ritenuto colpevoli tutti gli indagati. Sono state inflitte pene fino a sette anni di carcere, le più elevate riguardano due donne, madre e figlia, ritenute a capo dell’organizzazione. Le accuse mosse dalle vittime sono state di associazione a delinquere, sfruttamento del lavoro, favoreggiamento e sfruttamento dell’immigrazione clandestina. In effetti, le indagini portate a termine dai carabinieri hanno confermato l’esistenza di una vera e propria organizzazione criminale nelle zone di Agrigento, in particolare a Campobello, che si occupava di reclutare braccianti agricoli per poi costringerli a lavorare in condizioni di totale sfruttamento.
È questo il caso – agghiacciante – di una donna che, a causa della fatica alla quale era sottoposta mentre lavorava nei campi siciliani, è stata colta da un aborto proprio per colpa della situazione disumana in cui era costretta a lavorare e vivere.
Altrettanto agghiacciante è sapere che queste situazioni sono molto frequenti quando si parla di lavoro agricolo – basti pensare alle condizioni disumane in cui troppo spesso sono costretti a lavorare, violenze, soprusi, ricatti, e il lavoro svolto ininterrottamente per ore e ore sotto il sole cocente di luglio e agosto.
Non resta da sperare che possano esserci molte altre sentenze come questa di Palermo, che condannino il caporalato e chiunque pensa di poter lucrare sulla vita delle altre persone.
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