Il destino di un migrante

Quella sera Paolo camminava verso la fabbrica dove lavoravano il fratello e il padre. Giunto lì, incontrò il papà, alle prese con un lavoro lungo e faticoso: “Paolo!” Esclamò il genitore: “Ciao papà, sai dirmi dov’è Emanuele?” Chiese il figlio. “Ha appena finito il turno alla catena di montaggio, è molto stanco.” Rispose Pietro, così si chiamava il padre. “Grazie papà, vado a salutarlo”. Così dicendo, Paolo si diresse verso il luogo indicatogli dal padre e assistette al tragico evento: Emanuele cadde dall’impalcatura e riportò una gravissima frattura che lo lasciò invalido e gli impedì di tornare a lavorare, così, Paolo, il giorno seguente, lo sostituì alla catena di montaggio. Lavorava alla Fiat, la fiorente fabbrica di automobili. Si lavorava tutto il giorno in piedi, senza mai potersi allontanare dal luogo di lavoro: non c’erano pause e la giornata era scandita dal pressante ritmo e dal rumore delle macchine: “TAM TAM TAM TAM” si continuava a mettere un pezzo dopo l’altro ripetendo il compito all’infinito. Non c’erano diritti, solo doveri: “Si poteva scioperare? Protestare?” Si chiedeva Giorgio. “Si potrebbe provare, ma non credo servirebbe a nulla!” Il capo era un capitalista senza scrupoli che pensava solo ai suoi affari senza tener conto dei lavoratori, sebbene le nuove riforme varate dal governo Giolitti avessero riconosciuto diversi diritti ai lavoratori. Bisognava scendere in piazza, una vera rivolta avrebbe cambiato la situazione. Il giovane operaio invidiava le fabbriche di Ford in cui l’orario giornaliero era di otto ore, erano stati aumentati gli stipendi e garantiti dei premi di produzione se si fossero raggiunti gli obiettivi prestabiliti nel corso dell’anno. Oltre a Ford, anche altri adottarono questo sistema, ma la sua fabbrica no. Lui stava pensando ad un possibile cambiamento di lavoro, ma sarebbe andato incontro ad un’incognita che non poteva permettersi nelle condizioni di povertà e miseria della sua famiglia. Un giorno, però, accadde un altro gravissimo incidente sul lavoro. La misura era colma! Da quel momento, Paolo aveva un solo pensiero: protestare contro quella società ingiusta. Così, lui e un gruppo di operai incrociarono le braccia: “Sciopero! Diritti! Regole!” gridavano nelle piazze i manifestanti. La rivolta era cominciata; il padre di Paolo stava andando in fabbrica quando vide questo sciame di persone per le strade e capì che il figlio era con loro, lo scorse tra gli insorti, gli andò incontro e lo prese in disparte: “Cos’è tutta questa inutile protesta?” Chiese il padre infuriato. “Stiamo protestando contro la fabbrica perché non attua le riforme di Giolitti, ci sono stati altri gravi incidenti!” Rispose Paolo. “Ma a noi servono i soldi, ora, non possiamo a protestare. Da bravo, richiama tutti e ritorniamo a lavorare come se non fosse successo niente. Va bene?” Lo esortò il padre. “No papà, ora è troppo e anche noi dobbiamo fare qualcosa. Non possiamo rimanere fermi mentre intorno a noi avvengono soprusi e violenze”. Così il padre, sconfortato, tornò a casa mentre rifletteva sulle parole del figlio. Passò del tempo e la situazione rimaneva immutata. Si susseguivano gli scioperi, ma non si otteneva alcun risultato. Il vento stava cambiando: era scoppiata la Prima Guerra mondiale, dopo l’assassinio di Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria. Per ora l’Italia era fuori dal conflitto, tuttavia, masse di interventisti giravano per le città d’Italia inneggiando alla guerra. La maggioranza degli italiani però non voleva l’intervento e Paolo non si preoccupava più di tanto. Un giorno, arrivò il suo caro amico, Giorgio, sventolando il giornale, chiamò Paolo e gli fece leggere il titolo: “L’Italia in guerra con gli Alleati, grandi speranze di vittoria”. Paolo non credeva ai propri occhi, corse dai genitori a comunicare loro la notizia. La tensione si tagliava con il coltello: si aspettava la cartolina che annunciava l’arruolamento del papà. La ferale notizia arrivò qualche giorno dopo: il padre, pronto per la guerra, salutò i suoi cari: “Figliuolo!” Disse a Paolo: “Non aver mai paura di lottare e di far valere i tuoi diritti. Sappi che qualunque cosa farai io sarò sempre con te! Se non tornerò, non vi dovrete scoraggiare, ma dovrete lottare con tutte le vostre forze per chiedere i vostri diritti!”

Finì la guerra e il papà non tornò dal fronte … Paolo doveva sperare in un futuro migliore per sé e i propri cari … Bisognava migrare negli Stati Uniti: c’erano fiorenti industrie e lavoro …

L’emigrazione fu quindi la svolta per una povera famiglia che, se fosse rimasta in Italia, sarebbe morta di stenti.

Valerio Seri

RIPRODUZIONE RISERVATA – I siti web che intendono riprodurre, anche parzialmente, i contenuti del presente articolo sono tenuti ai sensi della Legge sul Diritto di Autore, a citare la fonte "TuttoLavoro24.it" e a creare specifico link all'articolo. Abusi saranno segnalati a Google e Meta (Facebook) per l'immediata rimozione..
spot_img
spot_img
spot_img
Articolo precedente
Articolo successivo
- Advertisment -