Storia di Pietro

Correva l’anno 1900, Pietro stava come di solito svolgendo il suo lavoro. Pietro era un ragazzino di dieci quasi undici anni. Viveva in un piccolo paesino nei pressi di Pisa con la sua famiglia: il padre era gravemente malato, la sorella maggiore si chiamava Teresa. La madre era venuta a mancare qualche mese prima, aveva preso una brutta influenza mentre lavorava nei campi e non riuscirono a curarla in tempo. Pietro e la sua famiglia lavoravano per il signore e la signora Bianchi, questi erano marito e moglie ed erano i proprietari della casa in cui alloggiava la famiglia di Pietro. Possedevano molti terreni e anche molti animali da pascolo. Pietro aveva iniziato a lavorare per i padroni di casa a otto anni, doveva portare al pascolo tutti gli animali, coltivare i campi e aiutare sua sorella maggiore. Teresa, invece, si occupava delle faccende di casa: cucinava, lavava, puliva.

Quella mattina Teresa lo chiamò: “Torna a casa Pietro, mi devi aiutare a preparare il pranzo!”

“Arrivo!” Rispose il bambino.

Riportò gli animali nel recinto e si avviò subito in cucina. Era un ragazzino molto in gamba e aveva molti sogni, ma sapeva che erano tutti irrealizzabili perché era nato in una famiglia povera e non aveva alcuna possibilità di studiare e avere un futuro migliore.

“Tu non avrai un futuro, è meglio che impari bene a fare questo mestiere, dovresti esserci grato per tutto quello che abbiamo fatto per te!” Gli diceva continuamente la padrona. Tuttavia, Pietro non l’ascoltava mai, l’unica a cui dava retta e alla quale voleva veramente bene era la sorella Teresa, che riconosceva tutto il duro lavoro da lui svolto e di cui se ne dispiaceva, ma non osava dire niente al riguardo.

Pietro lavorava tutto il giorno, si svegliava alle sei di mattina e iniziava a lavorare nei campi, dopo qualche ora portava al pascolo il bestiame, aiutava Teresa con il pranzo e, dopo aver mangiato, continuava a lavorare per l’intero pomeriggio. Verso le otto di sera, sfinito, tornava nella sua stanza che condivideva con Teresa e il padre; finalmente poteva riposarsi un po’. Nonostante non avesse quasi per niente un’istruzione, Pietro era un ragazzino molto intelligente, sognava di avere un bellissimo lavoro e una bella paga, non quei pochi centesimi che guadagnava.

Una mattina Pietro non riusciva neanche a stare in piedi: la sera prima aveva fatto tardi al lavoro e aveva dormito a malapena quattro ore. Aveva le gambe indolenzite, le mani piene di ferite e gli faceva male la testa. A quel punto il ragazzino decise di sedersi, bere un po’ d’acqua e riposarsi per pochi minuti. Mentre riprendeva fiato, passò di lì il padrone che era appena tornato da un viaggio di due giorni a Pisa.

“Cosa stai facendo! Ti stai riposando? Pensi di poterti permettere una pausa senza il mio consenso? Ti pago per lavorare non per riposarti, prendi immediatamente i tuoi attrezzi e vai nei campi! Per questa settimana ti diminuirò la paga.” Urlò l’uomo.

Pietro impaurito più che mai si scusò e, con la poca forza che aveva, prese gli attrezzi dal capanno e se ne andò verso i campi.  A Pietro dava molto fastidio come veniva trattato, provava per i signori dentro di sé un’enorme rabbia. “Non vedo l’ora di crescere, andare in città e non vederli mai più!” diceva sempre fra sé e sé. Verso le otto di sera tornò a casa, era così stanco che si addormentò senza neanche cenare. Tutti i giorni erano uguali per lui, ma, nonostante la fatica, si lamentava poco. La settimana seguente, venne a visitare il padre di Pietro il medico che lo trovò peggiorato.

“Mi dispiace molto dirvi questo, ma vostro padre sta veramente male, non saprei quanto rimarrà ancora in vita.” Disse il dottore. Teresa e Pietro erano in lacrime, pagarono il medico con tutti i soldi che avevano guadagnato in quel periodo e tornarono a lavorare.

Passarono tre mesi e il padre di Pietro morì.

Teresa cominciò a pensare di andarsene da lì, ma i soldi erano pochi …

La mattina seguente, come sempre, i fratelli si alzarono presto. Pietro andò a lavorare mentre Teresa andò in città per svolgere alcune commissioni. Pietro non era mai stato a Pisa, non era mai uscito dalla casa in cui viveva perché i padroni non glielo permettevano. Nonostante ciò, amava quell’abitazione, ci aveva vissuto per tutta la vita, era anche una casa molto bella e spaziosa, ma lui e sua sorella potevano stare solo in un’unica stanza. Pietro aveva sempre voluto andare a visitare le grandi città di cui sentiva molto parlare, passeggiare per i negozi, visitare i monumenti e fare molte amicizie: era il suo più grande sogno, ma la realtà non lasciava spazio alla fantasia.

Per l’ora di pranzo Teresa, tornata a casa, aveva un annuncio da fare, così il fratello e i padroni si riunirono in sala da pranzo e la ragazza iniziò a parlare:

“Volevo cogliere quest’occasione per ringraziare i signori per tutto quello che avete fatto per me e per la mia famiglia, mi avete dato una casa, un lavoro e mi avete anche dato da mangiare”.

 “In poche parole cosa vuoi?” chiese l’uomo in maniera seccata.

 “Mentre svolgevo le commissioni stamattina sono passata davanti ad un piccolo e bellissimo negozietto, avevano un posto libero e mi hanno offerto un lavoro come sarta e io ho accettato.” Rispose Teresa.

Tutti rimasero a bocca aperta, poi la signora parlò: “Come ti permetti! Terribile, maleducata e irriconoscente ragazzina, ti abbiamo dato tutto e tu ci pugnali così alle spalle? Prendi la tua roba e vattene! Non tornare quando ti serviranno dei soldi o qualche aiuto!”

Pietro non riuscì quasi a parlare, non poteva credere a ciò che aveva sentito, Teresa stava per abbandonarlo da solo in quella casa di mostri. Corse dalla sorella in lacrime e la abbracciò.

“Perché mi fai questo? Perché te ne vai?” disse il ragazzino piangendo.

“Stai tranquillo, non piangere, starò via per qualche mese e dopo che mi sarò comprata un piccolo appartamento verrò a prenderti, te lo prometto.” Disse Teresa.

I due fratelli si salutarono e Teresa se ne andò.

Dopo qualche giorno, la vita nei campi senza Teresa era durissima, Pietro doveva seminare, raccogliere il grano, badare al bestiame, cucinare, pulire, apparecchiare, insomma molto lavoro per un ragazzino che aveva appena undici anni. Pietro, però, non osava mai ribellarsi e aspettava con pazienza l’arrivo di Teresa.

Passarono sei mesi durante i quali la signora Bianchi si ammalò e morì, Pietro dovette fingere di essere triste durante il suo funerale ma dentro di sé, per quanto sapesse che non andava bene, era felice che quella terribile donna non ci fosse più.

Teresa non era mai tornata e il signor Bianchi frustrato, specialmente dalla morte della moglie e da tutti i suoi altri problemi, stava sempre chiuso in camera sua, non scendeva neanche a mangiare e il povero Pietro era costretto a portargli il cibo di sopra ma almeno poteva avere tutta la casa per sé. Ormai era come se vivesse solo, non aveva mai avuto amici con cui parlare. Prima almeno si sfogava con sua sorella ma adesso neanche lei c’era più.

Passarono due anni, di Teresa nessuna traccia e Pietro iniziava sempre di più a preoccuparsi per lei. Durante quei due anni per la prima volta in vita sua Pietro se ne andò da quel paesino. Doveva svolgere una commissione per il signor Bianchi e si recò a Pisa. Appena arrivato rimase a bocca aperta: la città non era esattamente come se l’aspettava ma era comunque molto bella e molto diversa da paesino dove viveva. C’era moltissima gente che passeggiava per le strade della città, negozi ad ogni angolo e molti bambini, poco più piccoli di lui, che stavano giocando. Non sapeva perché quei bambini stavano giocando e non erano, come lui, nei campi a coltivare. Capì che la sua vita finora era stata diversa da quella degli altri bambini, gli adulti della casa gli avevano sempre detto che il posto per i bambini era o nei campi a lavorare o nelle grandi aziende non certo per strada a divertirsi.

Tornò a casa rosso di rabbia, voleva rivendicare la sua infanzia e non avrebbe permesso che gli adulti si approfittassero ancora di lui. Spalancò violentemente la porta e, con suo grande stupore, trovò dentro casa Teresa. Era cambiata molto, aveva dei bellissimi vestiti, scarpe molto eleganti, capelli raccolti in una graziosa acconciatura e un viso allegro e sereno. Senza pensarci un secondo di più Pietro corse ad abbracciarla.

“Dove sei stata e perché non sei tornata! Mi sei mancata molto.” Disse Pietro quasi in lacrime.

“Quante cose ho da raccontarti! Mi dispiace di averci messo tanto, volevo trovarmi un lavoro degno e una bella casa prima di tornare a prenderti.” Rispose Teresa.

Durante tutto quel tempo Teresa raccontò di aver iniziato a lavorare per quella piccola bottega come sarta, poi un giorno aveva incontrato un affascinante gentiluomo, di cui si era innamorata, si erano sposati e vivevano in una bellissima casa. Aveva cambiato lavoro, ora lei e suo marito possedevano una piccola bottega che era diventata conosciuta in tutta Pisa.

“C’è anche una novità Pietro! Giolitti, il primo ministro, ha promulgato una legge grazie alla quale i bambini come te non dovranno più lavorare!” Disse Teresa.

Pietro era felicissimo: poteva finalmente divertirsi e non pensare più al lavoro. Quindi prese i suoi bagagli, se ne andò insieme a Teresa e lasciò il signor Bianchi per sempre.

Martina Cipriani

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