Rinnovati buona parte dei contratti collettivi nazionali di lavoro scaduti, dell’industria, delle cooperative, dell’artigianato, il grande assente è il CCNL Terziario, Distribuzione, Servizi scaduto il 31 dicembre 2019.
30 mesi di carenza contrattuale che pesano sulle spalle dei circa 4,5 milioni di lavoratori, prima messi a dura prova dalla crisi Covid e ora dal rialzo dei prezzi. Una carenza contrattuale che pesa anche, socialmente, sulle spalle delle imprese che, al di là dei limitati di casi di accordi aziendali sul salario di produttività, sono sempre più pressate dai lavoratori che chiedono quando ci saranno novità.
Uiltucs-Uil, l’organizzazione sindacale che insieme a Filcams-Cgil e Fisascat-Cisl negozia il CCNL, ci fa sapere con un comunicato che l’ultimo incontro con Confcommercio risale al 18 maggio scorso. Quasi un mese fa.
A tenere ancora distanti le Parti dal rinnovo, sono i temi come l’aggiornamento della classificazione del personale, la richiesta di Confcommercio di realizzare un’intesa nazionale in tema di stagionalità e di implementare le casistiche utili al ricorso del lavoro a tempo determinato, la stabilizzazione delle ore supplementari per i lavoro part-time a 30 ore settimanali.
E poi c’è il tema salariale, l’adeguamento dei minimi retributivi che chiedono i sindacati. Confcommercio ha ribadito più volte “di considerare quale punto di riferimento per l’eventuale aumento tabellare l’inflazione su base (IPCA)“, aggiornato proprio nei giorni scorsi.
Secondo l’ultima elaborazione ISTAT (clicca qui), l’IPCA è schizzato ad un 4,7% solo nel 2022. Che se prendiamo a riferimento il quadriennio 2020-2023 dovrebbe portare ai lavoratori un incremento dei minimi tabellari dell’8,6%. Si tratterebbero di 129,94 euro ai lavoratori del 5° Livello. Quasi 130 euro di aumento quindi. Sarà così? Al momento non ci sono certezze. Di sicuro c’è che il cerchio si stringe intorno alla trattativa, come ricordava anche Il Sole 24 Ore alcuni giorni fa e che a breve potrebbero esserci dei colpi di scena.
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