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Reddito di Cittadinanza, spuntano 3 novità per farlo a pezzi: il Governo spinge

Reddito di Cittadinanza, dal 2023 sarà diverso da quello conosciuto finora. Il dato è tratto. Resta solo da capire quali saranno i contorni delle novità che verranno fuori dalla Manovra di Bilancio.

Manovra che secondo il disegno del Governo Meloni già prevede una durata massima di 8 mesi per gli occupabili tra i 18-59 anni nel 2023 e la sua radicale soppressione dal 2024.

Dal dibattito parlamentare in corso in questi giorni però emergono ulteriori novità. In particolare 3 emendamenti proposti da partiti di centro-destra che puntano a “farlo a pezzi”, come titola l’edizione odierna del quotidiano il manifesto in edicola.

Il primo emendamento – si legge – è stato presentato da una delle gambe della maggioranza, «Noi Moderati» di Maurizio Lupi che intende togliere il sussidio agli «occupabili» dopo sei mesi e non più otto come sostiene il governo Meloni. Inoltre si cerca di eliminare l’astratto concetto di «offerta congrua di lavoro» togliendo la parola «congrua». Nella prospettiva improbabile di un lavoro questo significherebbe che i beneficiari del «reddito» sarebbero costretti ad accettarlo anche a mille chilometri di distanza dalla residenza con paghe da fame e contratti precari“.

Un altro colpo basso ai beneficiari – continua il quotidiano ‘comunista’ – potrebbe arrivare dall’emendamento che prevede l’erogazione del contributo all’affitto direttamente al proprietario di casa. Chi riceve il reddito dovrebbe comunicare i dati del locatore alle autorità. Apparentemente si tratta di una diversa declinazione della misura esistente, in realtà si tratta della negazione dell’autonomia dei beneficiari già ristretta dai paletti posti dal governo Conte 1 che impone, tra l’altro, di spendere l’imposto del «reddito» entro il mese. La norma è una di quelle che nega la possibilità a chi è in difficoltà di risparmiare e gestire spese impreviste che possono rendere la vita ancora più difficile a chi è in condizioni di necessità”.

La terza misura è quella già visto ieri in un articolo, proposta dalla Lega che subordina l’erogazione del RdC “all’iscrizione e alla frequenza di un percorso di studi almeno triennale per i beneficiari del «reddito» tra i 18 e i 29 anni che non lavorano, né studiano (i cosiddetti «Neet»). Giovani disoccupati e precari, che cercano di integrare salari irrisori e intermittenti, per lo più costretti a vivere nell’economia informale, subirebbero gli effetti di un uso sanzionatorio o ritorsivo di uno strumento che, per loro, terminerà comunque ad agosto”, conclude il manifesto.

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