Pensioni, il sindacato Sial-Cobas chiama in causa INPS per il mancato adeguamento degli assegni pensionistici al costo della vita.
Lo rende noto lo stesso sindacato con una nota, ripresa poi da ANSA. Come riporta l’agenzia di stampa, la denuncia parte dal fatto che “l’adeguamento automatico all’inflazione viene depotenziato con la perequazione e che ancora una volta il Governo taglia gli aumenti alle pensioni”.
Al centro della diatriba c’è che l’adeguamento delle pensioni al caro vita nel 2023 è stato applicato in misura piena solo sulle pensioni più basse: chi ha una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo, infatti, non gode di una rivalutazione piena all’inflazione e quindi avrà un aumento di pensione inferiore agli altri. Inoltre, la rivalutazione è ferma al 7,3% mentre l’inflazione è tornata a salire, toccando punte del 12%.
Le critiche del sindacato nascono proprio da qui. La richiesta è dunque quella di indicizzare le pensioni ai prezzi e ai salari perché sono un salario differito e un diritto costituzionale.
“La norma coniata dal governo Meloni nella legge di stabilità per il 2023 non tiene conto di tutti i paletti posti in passato dalla stessa Corte costituzionale, ed è tanto più gravosa per i pensionati, in quanto l’inflazione ha rialzato la testa, e dunque il taglio è destinato a incidere in maniera ancora più sensibile sul potere d’acquisto delle pensioni – scrive il Sial-Cobas -. Con l’inflazione al 12% circa è stato deciso che si applica una rivalutazione ridotta al 7,3% che si applica su tutta la pensione (e non più solo sul differenziale) e il conguaglio avverrà a fine 2023. La perequazione è un termine ambiguo che nasconde e maschera il taglio dei diritti”.
La prima udienza davanti al giudice del Tribunale del Lavoro di Milano si terrà nella mattina di giovedì 29 giugno.