Pensione, nel 2025 basteranno 41 anni di contributi

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La possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi versati, a prescindere dall’età anagrafica, si fa sempre più concreta. Anzi, sembra che Quota 41 verrà inserita già nella prossima Manovra di Bilancio.

Lo ha annunciato Claudio Durigon, sottosegretario leghista al Lavoro, nella giornata di lunedì 6 maggio durante l’evento organizzato da Affari&Finanza a Milano sulla previdenza.

In pensione con 41 anni di contributi

I tempi per Quota 41 sono maturi. Sembra che dal 2025 il Governo sia propenso a mandare in pensione i lavoratori tenendo in considerazione solo la loro età contributiva, e non quella anagrafica. Basteranno 41 anni di contributi versati.

Il sottosegretario al Lavoro Durigon ha parlato chiaro, e lo ha fatto dal palco dell’evento milanese organizzato da Affari&Finanza, dal quale ha annunciato:

«Nella prossima manovra porteremo Quota 41 con il ricalcolo contributivo al posto di Quota 103: è sostenibile, è l’anno giusto per farla, ha forza e gambe per durare un decennio. Speriamo poi di rinnovare Opzione donna e Ape sociale. Studiamo incentivi per rimanere al lavoro, in alcune professioni come quelle mediche».

Insomma, secondo Durigon le risorse necessarie per istituire Quota 41 ci sarebbero. Tuttavia, bisogna vedere se verrà raggiunto un accordo politico, perché trovare le risorse per le pensioni significa toglierle da altre parti.

Confermato il taglio sugli assegni più alti

Per contenere la spesa pensionistica, il Governo starebbe pensando di riconfermare i tagli sugli assegni più alti. In pratica, di adeguare al costo della vita solo le pensioni più basse.

Brutte notizie, infatti, arrivano per i pensionati con reddito medio-alto che speravano nel 2025 di tornare ad avere un adeguamento all’inflazione pieno: «Interverremo ancora sull’indicizzazione degli assegni: non è giusto dare la stessa inflazione a tutti, meglio sostenere le pensioni basse», ha annunciato il sottosegretario nel corso dell’evento.

Esattamente come accade da due anni a questa parte, il Governo Meloni sembrerebbe deciso a rinnovare il meccanismo del décalage: solo gli assegni fino a 4 volte il minimo pensionistico godranno di un aumento pieno, per gli altri sarà riproporzionato e diminuirà all’aumentare dell’assegno.