Stipendi Scuola. Ogni mese assistiamo a proclami di aumenti di imminenti aumenti di stipendio di 160 euro.
Perché i proclami e gli annunci non corrispondono alla realtà?
Stipendi Scuola: i sogni e la realtà
Il sogno è un aumento futuro lordo – previsto dal 2025 – ammesso e non concesso che il contratto collettivo nazionale di lavoro venga firmato.
Dal lordo occorre togliere l’11,15% di contribuzione e poi l’aliquota massima irpef.
L’aumento netto, pertanto, dal 2025 dovrebbe avvicinarsi, per un insegnante, sui 100 euro netti.
Se notiamo questo stipendio di un’insegnante, vediamo un netto di 1.551,81.
Se aumentiamo il netto di 100 euro arriveremo, dunque, a 1.650 euro mensili netti circa.
Poiché lo stipendio gode di una decontribuzione di 117 euro (bonus Meloni) il mancato rinnovo del bonus per l’anno 2025 riporterebbe lo stipendio, malgrado l’aumento, ad un netto di 1.550 com’era alla partenza.
L’effetto domino negativo dei “bonus”
La scelta del Governo di aumentare gli stipendi netti attraverso i bonus è una scelta coraggiosa che comporta anche dei contrappesi negativi.
Occorre innanzitutto dire che per l’anno 2023 la compagine governativa non ha stanziato alcuna somma per i rinnovi contrattuali.
Non aumentare gli stipendi significa, in un’ottica futura, contribuzione minore e quindi pensioni più basse.
La decontribuzione è un palliativo temporaneo che però crea, nel breve periodo, un negativo effetto domino.
L’effetto domino comincia con l’aumento del reddito ai fini IRPEF, l’aumento del reddito provoca la diminuzioni delle detrazioni d’imposta e un conseguente aumento della tassazione fino a creare importanti effetti di fiscal drag. Nel medio periodo aumenta l’ISEE e questo provoca la diminuzione dell’eventuale assegno unico.
La politica dei bonus, da un altro punto di vista, non è una misura equa.
I bonus, essendo prevalentemente di carattere previdenziale, non sono assoggettati a conguaglio per cui, pur a parità di reddito, è possibile che vengano a crearsi disparità di trattamento tra i beneficiari.