Con il Decreto Concorrenza approvato dal Consiglio dei Ministri è diventato legge il divieto della vendita di prodotti agricoli e alimentari attraverso il ricorso alle cd. gare e aste elettroniche «inverse» o al doppio ribasso.
Il divieto riguarda una pratica di acquisto in uso tra alcuni gruppi della Grande Distribuzione Organizzata (GDO). Qui, l’acquisto soprattutto di prodotti agricoli tra cui la passata di pomodoro, vino, olio, legumi, frutta e conserve, caffé, avviene con gare e aste. Fin cui nulla di anomalo se non fosse che in queste si punta al massimo e doppio ribasso. Con l’effetto che il produttore pur di vendere è spinto a ridurre il costo del lavoro o a trovare altre soluzioni che travalicano i limiti della legalità: ricorso al caporalato (interposizione illecita della manodopera), lavoro nero e sfruttamento della manodopera senza riconoscere ai lavoratori gli standard minimi di tutela.
Come si legge sul quotidiano il manifesto in edicola: “il meccanismo del doppio ribasso è questo: la partecipazione all’asta avviene a seguito di una prima convocazione via e-mail da parte della GDO, che chiede a tutti i fornitori di proporre un prezzo per la vendita di un determinato stock di merce. Raccolte tutte le offerte, il committente chiede una nuova offerta, ma questa volta utilizza la più bassa dell’asta precedente come base. Il tutto avviene su una piattaforma digitale, senza sapere chi siano gli altri partecipanti, e il fornitore ha pochi minuti per competere, ribassando ulteriormente nel tentativo di assicurarsi la commessa.
“Fino ad oggi, – continua il quotidiano diretto da Norma Rangeri – nessun meccanismo legislativo regolava questo strumento di vendita: essendo un passaggio business-to-business e non business-to-consumer, le tutele sono quasi inesistenti per il venditore. A cascata, questo meccanismo è alla base di fenomeni di caporalato e sfruttamento della manodopera. Basti pensare, ad esempio, che l’asta per i pomodori si svolgere a primavera, prima ancora che il seme finisse nella terra, in una contesto di assoluta incertezza in relazione all’annata agraria. Una sorta di «future», un meccanismo speculativo”.
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