Si è aperta ieri la Fiera Obuv a Mosca, la Fiera Internazionale delle Calzature e del Cuoio, dove ogni anno si recano diversi imprenditori italiani dei settori Calzature, Pelli, Cuoio, Concia, che col tempo si sono gradualmente conquistato una quota di mercato.
Vanno, tra mille difficoltà, con viaggi aerei lunghi facendo scalo in Turchia o Quatar, sottoponendosi a lunghi controlli una volta arrivati nella Capitale russa, con la speranza di continuare a chiudere accordi commerciali e difendere la quota di mercato duramente conquistata.
“Siamo a Mosca a vendere le nostre scarpe – dichiara Valentino Fenni a Il Resto del Carlino, imprenditore calzaturiero e vice presidente di Assocalzaturifici – , frutto del lavoro quotidiano di centinaia di dipendenti dietro cui ci sono famiglie, di artigiani che il mondo ci invidia. Qual è il problema? La legge è chiara, non la stiamo violando. Siamo partiti superando dubbi, paure e difficoltà logistiche. Forse non è chiaro a tutti, ma se noi non fossimo a Mosca oggi, all’Obuv, ne approfitterebbero i produttori turchi e cinesi in primis. Sono anni che cercano di prendersi una fetta di questo mercato che abbiamo conquistato a fatica e consolidato attraverso decenni di fiere e di investimenti in collezioni pensate proprio per russi e ucraini. Un mercato che, in Italia, nell’ultimo anno ha comprato quattro milioni di paia di scarpe”.
Difendere quote di mercato significa anche salvaguardare il Made in Italy e il lavoro di migliaia di dipendenti e artigiani impiegati nella catena di sub-fornitura. “Noi siamo il volto dell’azienda, ma il corpo è fatto di decine di persone che lavorano – sottolinea Fenni – . Il futuro di ogni dipendente è nelle mani dell’imprenditore che però da solo non può tutto. Il sostegno delle istituzioni in questi momenti è fondamentale. La Regione Marche e la Camera di Commercio delle Marche l’hanno capito e ci hanno confermato quanto deciso molti mesi fa, ben prima dello scoppio della guerra: un sostegno economico, di massimo quattromila euro, per partecipare all’Obuv. Una goccia per noi, ma è un segnale di vicinanza importante. Quella che ancora, dopo crisi e pandemia, non abbiamo avuto dal Governo”.
E le sanzioni? Questi viaggi violano la legge e le norme europee sull’embargo verso la Russia, paese in guerra contro l’Ucraina? “Le sanzioni non bloccano articoli che costano meno di 300 euro, – puntualizza il vicepresidente dell’associazione che aderisce a Confindustria – ma l’esclusione del sistema bancario russo da Swift sta rendendo complicato, al limite dell’impossibile, il pagamento della merce regolarmente venduta. Qualcuno deve rispondere e trovare soluzioni“.
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