l presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, si è difeso dalle critiche per il raddoppio di stipendio affermando che non è stato coinvolto nella decisione e che comunque non prenderà arretrati. “Tutto l’articolo ruota intorno a due falsi”, ha lamentato in una lettera a Repubblica, il giornale che aveva sollevato, “per effetto del decreto interministeriale che stabilisce i compensi del Cda di Inps (e Inail), al sottoscritto sarebbe riconosciuto un arretrato di 100 mila euro. Questo il primo falso. La realtà invece è che la nuova misura del compenso previsto per il presidente dell’Istituto decorrerà non da maggio 2019, bensì dal 15 aprile 2020, vale a dire da quando si è insediato il cda e ne ho assunto la carica di presidente. Il secondo falso è che non è nei poteri del presidente o di qualsiasi altro organo dell’Istituto determinarsi i compensi”.
“Sono stato nominato presidente Inps con decreto del Capo dello Stato in data 22 maggio 2019”, ha ricordato Tridico, “successivamente, a giugno 2019, con nota del Gabinetto del ministero del Lavoro venivano proposti i compensi del cda che si stava costituendo: 150 mila euro lordi per il presidente, 100 mila per il vice e 23mila per i 3 componenti del consiglio. Nel frattempo, la crisi di governo dell’agosto 2019 ha ritardato la nomina del cda. Così, solo dal 15 aprile 2020 ho assunto le funzioni di presidente del cda”.
“Compensi finanziati con tagli alle spese”
“Nella prospettiva della ricostituzione del cda dei due enti – prosegue Tridico – la legge 28 gennaio 2019, aveva previsto che, con apposito decreto interministeriale, sarebbe stata fissata la misura dei compensi dei predetti organi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Tant’è che detti compensi sono finanziati attraverso la riduzione di spese di funzionamento di Inps e Inail. Il 15 luglio 2019 il Dipartimento per il coordinamento amministrativo della presidenza del Consiglio ha avviato l’iter per la determinazione dei compensi del presidente e degli altri componenti del cda dei due enti, sulla base di una direttiva del presidente del Consiglio dei ministri del 9 gennaio 2001 che fissa i criteri e gli indicatori da assumere a riferimento a tal fine; direttiva che dal 2001 detta le regole per la fissazione dei compensi degli organi di tutte le amministrazioni pubbliche, suggerendo l’utilizzo di un apposito software per determinare i compensi per il cda sulla base del bilancio dell’Istituto e del numero di dipendenti”.
“Tale software restituiva un compenso per il presidente Inps e per il cda molto più elevato: per il presidente di 240 mila euro, pari al compenso dei dirigenti centrali dell’Inps, e ai vertici di amministrazioni simili”, ha spiegato Tridico, “tuttavia, il decreto interministeriale del 7 agosto 2020 del ministro del Lavoro e del ministro dell’Economia, decreto necessario e conseguenziale all’insediamento del cda, stabilisce 150mila euro per il presidente, 40 mila euro (elevabili a 60 mila in funzione delle deleghe esercitate) per il vice presidente e 23 mila euro per ognuno dei componenti del cda. Insomma, i ministeri vigilanti sono intervenuti per ridurre la misura derivante dall’applicazione di quelle regole”.
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Fonte: agi.it