Nel discorso pronunciato ieri al Senato dopo il voto di fiducia, il neo premier Mario Draghi ha esposto le linee programmatiche che il nuovo Governo dovrà seguire in merito a lavoro e politiche sociali.
Si sofferma su questi aspetti Il Sole 24 Ore di oggi in edicola sulle cui colonne si legge
“La sfida del governo, dunque, è riuscire a far decollare le politiche attive (che in legge di Bilancio hanno una dotazione complessiva di 500 milioni) attraverso l’intesa con le regioni, prima dell’arrivo delle risorse del Recovery Plan, in vista dell’imminente scadenza del blocco dei licenziamenti del 31 marzo. A questo proposito il premier ha ricordato che «il governo dovrà proteggere tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche»; alcune «dovranno cambiare, anche radicalmente». La «scelta» di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è «il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi»”.
Dunque le indicazioni del Premier vanno nella direzione di “proteggere tutti i lavoratori”. Posizione, questa, che sembrerebbe essere negata dal Premier in un secondo momento, quando precisa di non essere disposto “a proteggere indifferentemente tutte le attività economiche” (è “un errore” dice).
Risulta abbastanza evidente quindi che il “Draghi pensiero” sul tema delle tutele sociali è rivolto a spostare ogni protezione a favore dei dipendenti ma fuori dal rapporto di lavoro: operare una selezione delle attività economiche, escludendo quelle che non intendono “cambiare”, significa di fatto dare il via libera ai licenziamenti – al di là delle eventuale mini-proroga del blocco che sarà decisa da qui a pochi giorni – e spostare la protezione per il lavoratore dalla cassa integrazione (o cig in deroga, assegno ordinario, che sia) alla NASpI o DIS-COLL, dando preminenza all’attuazione delle politiche attive del lavoro, volte all’ottimizzazione della formazione e dell’occupabilità dei lavoratori disoccupati.
Tatiana Morellini