Il Reddito di Emergenza è un’importante misura di sostegno economico introdotta a favore dei nuclei familiari in difficoltà a causa della crisi pandemica da Covid-19.
Si sta per chiudere il 2021 e a conti fatti le mensilità del Reddito di emergenza previste tra il primo decreto Sostegni e il secondo sono state sette. Sette rate di Rem hanno ricevuto nel corso di quest’anno le famiglie prive di ogni altra forma di sostegno al reddito.
E ora attendono una proroga che sembra non essere all’orizzonte. Ma perchè? La politica, con il presidente del Consiglio Mario Draghi in testa, continua a tacere sull’argomento quasi a voler far evaporare ogni traccia di quello ‘scomodo’ strumento economico erogato dall’Inps ma che tanto ricorda il tandem Conte-Catalfo, il Presidente del Consiglio e il Ministro del Lavoro precedenti, che per la prima volta introdussero nel 2020, in piena pandemia, il Rem.
Forse è un problema di risorse finanziarie, si potrebbe dire. Lo metteva in evidenza nel luglio scorso Il Sole 24 Ore che ricostruendo i possibili interventi di Governo sulla politica dei sussidi da accompagnare al Reddito di cittadinanza, scriveva in proposito della proroga fino a dicembre del Reddito d’emergenza che questa doveva considerarsi a tutti gli effetti di “un altro fronte aperto”. E dunque non chiuso ad ogni altra ipotesi. Ma si sa, in politica le idee scorrono velocemente e a volte non lasciano traccia.
Sta di fatto che già allora si evidenziava come nel Governo c’era chi temeva “nuovi interventi dopo l’ultima proroga a settembre [del Rem]” perchè “potrebbero provocare un’ulteriore ricaduta su conti pubblici“.
Ipotesi questa che possiamo ritenere davvero suggestiva se si pensa che le 7 rate di Rem erogate sono costate poco meno di 2 milioni di euro nel 2021 – dati del tiraggio Inps – raggiungendo circa 550mila nuclei familiari beneficiari e che ora si trovano di nuovo senza sostegni. Dunque, se diamo per certo che un’eventuale proroga del Rem non sia in grado di produrre alcuna bancarotta finanziaria per lo Stato, resta il punto che la questione è solamente politica. D’altronde era chiaro già dal febbraio scorso che con l’ascesa di Draghi a Palazzo Chigi la “spesa improduttiva”, quella fatto di sussidi e sostegni fini a se stessi, avrebbe gradualmente lasciato spazio alla politica degli incentivi a favore di chi dimostra di saper stare sul mercato.
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