Pensioni, più facile unificare i contributi pagati a enti diversi, in particolare per i professionisti iscritti alle casse private. La novità era già contenuta nelle bozze del decreto lavoro approvato a inizio mese, poi “transitate” nel disegno di legge a cui il governo sta tuttora lavorando.
Scende nel dettaglio Il Messaggero di venerdì 19 maggio, che spiega in cosa consiste tale procedura, denominata ricongiunzione.
Pensioni 2023: novità ricongiunzione
La procedura con cui il lavoratore può richiedere il trasferimento presso l’ente di previdenza a cui è iscritto dei contributi versati in precedenza a un’altra gestione si chiama ricongiunzione.
Come riporta il quotidiano, l’obiettivo della ricongiunzione è duplice: ‹‹permettere ai lavoratori di ridurre l’onere necessario per accedere alla pensione, accettando però una riduzione del trattamento relativo agli anni “trasferiti”, e sciogliere il nodo dei pensionandi che finora non riuscivano a sfruttare gli anni maturati nella gestione separata dell’INPS, quella alla quale versano i cosiddetti “parasubordinati” (ad esempio titolari di collaborazioni coordinate e continuative e professionisti che non versano alle casse)››.
La novità riguarda i lavoratori che, per esempio, hanno versato 10 anni di contributi a una cassa privata (es. la cassa forense, quella degli avvocati, o l’inarcassa, quella degli architetti) e che ora con maggior facilità ed efficienza possono “sommare” gli anni di contributi versati all’INPS a quelli non versati ad altri enti.
Per gli anni oggetto di ricongiunzione – sottolinea Il Messaggero – verrebbe utilizzato il metodo di calcolo contributivo: l’assegno sarebbe legato ai contributi versati e gli interessati non dovrebbero integrare a proprie spese il costo della prestazione. Potrebbero quindi utilizzare quegli anni per la propria pensione, con la contropartita di un importo un po’ meno generoso per una parte di essa.