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Sciopero del settore pubblico, “adesione al 4%”. I sindacati all’attacco: fissato incontro con la ministra Dadone

L’adesione allo sciopero del settore pubblico, proclamato dai sindacati di categoria per il rinnovo dei contratti, è stata, secondo fonti della Funzione pubblica, intorno al 4%. Si tratta di circa 21mila lavoratori su 606mila rappresentati dalle amministrazioni che hanno comunicato i dati tramite procedura Gepas. Tra ministero e sindacati è scontro: a partire dalle risorse per i rinnovi contrattuali per le assunzioni e la sicurezza sul lavoro e per una Pa più moderna. Garantiti i servizi essenziali ed esclusa la scuola, le lavoratrici ed i lavoratori della Pubblica amministrazione hanno incrociato le braccia per l’intera giornata o turno di lavoro, aderendo all’astensione sotto lo slogan “Rinnoviamo la Pa”, che ha accompagnato l’iniziativa di Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa. Una giornata contrassegnata ancora da un botta e risposta con la ministra della Pa, Fabiana Dadone, che vedrà giovedì pomeriggio i sindacati. Una convocazione dagli stessi considerata “tardiva” e che per il momento non ha avvicinato le posizioni.

La ministra conferma “la difficoltà, sotto gli occhi di tutti, di riuscire a reperire un incremento delle risorse“, per il rinnovo dei contratti della Pa, come richiesto dai sindacati rispetto allo stanziamento di 400 milioni in legge di Bilancio. “Quello che possiamo fare allo stato attuale per andare incontro a chi guadagna di meno è dire che, all’interno dei 400 milioni stanziati, che si aggiungono ai 3,2 miliardi della precedente manovra, i 270 milioni dell’indice perequativo vengano destinati a chi guadagna di meno“, afferma Dadone. Parole che vengono ritenute “inaccettabili” dalle stesse sigle, secondo cui “è già così per effetto delle scelte che i sindacati hanno fatto nella tornata precedente, introducendo l’elemento perequativo. Lei non se ne era minimamente preoccupata e se non avessimo proclamato lo sciopero anche quelle risorse sarebbero state sottratte dalle buste paga attuali di tutti i dipendenti pubblici”, sostengono.

E, in vista dell’incontro con le confederazioni, la ministra sposta il punto “sulla valorizzazione” del personale: “Se la questione si riassume soltanto in dare più risorse o non dare più risorse trovo che sia riduttivo anche l’effetto dello sciopero stesso. Si cala la maschera”. A difendere le ragioni dello sciopero, difficile in un momento come questo, torna la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan: ci sono 350 mila precari, di cui 60 mila nella sanità, rimarca, le assunzioni sono “determinanti per poter riformare la Pa, così come le risorse per poterla innovare. La ministra ha detto tante cose anche con tante contraddizioni. Non ci sono le assunzioni richieste e gli interventi di sicurezza per i lavoratori e le lavoratrici”. E “dimentica che i pubblici dipendenti sono stati 12 anni senza rinnovo del contratto“, che è “un diritto e va riconosciuto a tutti”, ripete. Nel settore pubblico, come nel privato. La “dignità dei lavoratori e delle lavoratrici passa attraverso una redistribuzione della ricchezza e per fare questo serve rinnovare i contratti”, sottolinea il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri. I sindacati chiedono più sicurezza, assunzioni per garantire servizi più efficienti e il rinnovo contrattuale, scaduto già da due anni per riconoscere le competenze ed il valore del lavoro nel servizio pubblico. E rivendicano che i lavoratori pubblici non sono “eroi a fasi alterne” e sono sempre “in prima fila nella lotta al virus”.

Le sigle sindacali sono critiche anche rispetto alla convocazione del tavolo di confronto, arrivata a loro giudizio tardi: “La responsabilità dello sciopero è di chi non ha trovato tempo dal 20 ottobre, giorno della proclamazione dello stato di agitazione, per incontrare i sindacati. Convocarci per il 10 dicembre, quando c’erano molti giorni per avviare il confronto prima, è stata una sua scelta“, dicono sempre rivolgendosi alla ministra. E ancora, aggiungono, “a noi appare evidente che il messaggio che sta dando è chiaro: su stabilizzazioni dei precari, piano straordinario di assunzioni, sicurezza dei lavoratori e riforma innovativa del sistema di contrattazione, il Governo sta dicendo no alle richieste dei lavoratori”.

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Fonte: ilfattoquotidiano.it

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