Per “favorire l’emersione di rapporti di lavoro irregolari i datori di lavoro italiani o quelli ‘stranieri in possesso del titolo di soggiorno’ possono presentare istanza per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri. A tal fine, i cittadini stranieri devono essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell’8 marzo 2020″. Questa è la premessa dell’articolo “sull’emersione dei rapporti di lavoro” che entrerà nel dl rilancio all’esame oggi del Consiglio dei ministri.
“I cittadini stranieri, con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, non rinnovato o convertito in altro titolo di soggiorno, possono richiedere” si legge nell’articolo “un permesso di soggiorno temporaneo, valido solo nel territorio nazionale, della durata di mesi sei dalla presentazione dell’istanza”.
“Se nel termine della durata del permesso di soggiorno temporaneo il cittadino straniero esibisce un contratto di lavoro subordinato ovvero la documentazione retributiva e previdenziale comprovante lo svolgimento dell’attività lavorativa” il permesso “viene convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro”.
Le disposizioni si applicano per i lavoratori nel campo dell’agricoltura, le colf e le badanti. L’istanza di rilascio del permesso di soggiorno temporaneo deve essere presentata dal cittadino straniero al questore, dal 1 giugno al 15 luglio.
All’atto della presentazione della richiesta “è consegnata un’attestazione che consente all’interessato di soggiornare legittimamente nel territorio dello Stato fino ad eventuale comunicazione dell’Autorità di pubblica sicurezza, di svolgere lavoro subordinato”, nonché “di presentare l’eventuale domanda di conversione del permesso di soggiorno temporaneo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro”.
Nell’istanza – si legge – deve essere “indicata la durata del contratto di lavoro e la retribuzione convenuta, non inferiore a quella prevista dal contratto collettivo di lavoro di riferimento stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale”.
“Le istanze sono presentate previo pagamento” di un contributo “forfettario stabilito nella misura di 400 euro per ciascun lavoratore”. E’ inoltre previsto “il pagamento di un contributo forfettario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale”.
“Costituisce altresì causa di rigetto delle istanze” – si spiega ancora – “limitatamente ai casi di conversione del permesso di soggiorno in motivi di lavoro, la mancata sottoscrizione, da parte del datore di lavoro, del contratto di soggiorno presso lo sportello unico per l’immigrazione ovvero la successiva mancata assunzione del lavoratore straniero, salvo cause di forza maggiore non imputabili al datore medesimo”.
Le istanze verranno ritenute “inammissibili” in presenza della “condanna del datore di lavoro negli ultimi cinque anni”. “Non sono in ogni caso sospesi – si specifica – i procedimenti penali nei confronti dei datori di lavoro per le seguenti ipotesi di reato:
- a) favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’immigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite.
- b) intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”. Ed ancora: “Nel caso di utilizzazione lavorativa irregolare sono raddoppiate le sanzioni previste dall’art. 603 bis codice penale”. Non sono ammessi alle procedure chi ha ricevuto un provvedimento di espulsione, chi risulta segnalato o condannato e chi “e’ considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato”.
Al fine di contrastare efficacemente i fenomeni di concentrazione dei cittadini stranieri” e per “garantire il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie necessarie al fine di prevenire la diffusione del contagio da Covid-19” le Amministrazioni dello Stato competenti e le Regioni, anche mediante l’implementazione delle misure previste dal Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022, “adottano soluzioni e misure urgenti idonee a garantire la salubrità e la sicurezza delle condizioni alloggiative, nonché ulteriori interventi di contrasto del lavoro irregolare e del fenomeno del caporalato”.
Infine “per consentire una più rapida definizione delle procedure” il Ministero dell’interno è autorizzato ad utilizzare per un periodo non superiore a mesi sei, prorogabile per ulteriori sei mesi, tramite una o piu’ agenzie di somministrazione di lavoro, prestazioni di lavoro a contratto a termine, nel limite massimo di 900 unita’, da ripartire nelle sedi di servizio interessate nelle procedure di regolarizzazione”.
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Fonte: agi.it