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Amazon dà un ottimo servizio, ma per chi ci lavora non credo potrebbe andar peggio

Jeff Bezos, che in tutte le foto che girano sui quotidiani è sempre ritratto con un volto simpatico e sorridente, dall’alto del suo patrimonio netto personale di quasi 180 miliardi di dollari è, o era fino alla settimana scorsa, lanciato come un razzo alla conquista del traguardo dei 200 miliardi, sempre sorridente e beato.

Lui deve tutto a quella magnifica idea di creare una impresa capace di vendere a chiunque, in qualunque parte del mondo, qualsiasi cosa ad un prezzo concorrenziale e, nella maggior parte dei casi, con spedizione gratuita e consegna in due o tre o tre giorni al massimo. Già, ma non si è fermato all’idea, è riuscito a realizzarla. Lui ha sbaragliato con la sua organizzazione tutte le grandi imprese della vendita al dettaglio. In America ha costretto a mettersi in difesa persino Wal-Mart la catena di grandi magazzini e negozi presente in ogni angolo del vastissimo territorio statunitense.

Anch’io ho fatto molti acquisti online servendomi di Amazon, perfetta e puntualissima nelle consegne. Una volta, su consiglio di mia sorella (ha anche lei una villa con grande giardino ad Allen, Dallas) volendo combattere le afidi che infestavano le mie rose ho chiesto a lei cosa potevo fare evitando di usare gli insetticidi che avrebbero potuto uccidere le grandi farfalle Monarch che ogni anno facevano visita ai nostri giardini. Lei mi ha detto: “Compra un migliaio di coccinelle e liberale spargendole un po’ in tutto il giardino. Le coccinelle sono ghiotte, mangiano una grande quantità di afidi e non danneggiano le rose”. Ah, molto bene, ma dove vado a comprarle? La risposta: “Su Amazon!”. Sono arrivate dopo due giorni in una scatola forata per far respirare quegli insetti vivi e le ho subito messe “a dimora”. Ha funzionato tutto perfettamente.

Questo è per dire ciò che ha generato il grande successo di Amazon: un’idea semplice ma impossibile da realizzare se non si accompagna ad una organizzazione perfetta, supportata da macchinari per la gestione di magazzini oggi completamente automatici, sempre riforniti di ogni cosa e capaci di soddisfare qualunque cliente (ho sottolineato questo aspetto perché temo che gli italiani questo non lo capiranno mai!).

C’è però un importante rovescio della medaglia in questa geniale organizzazione: la manodopera impiegata in questa attività è sottoposta ad uno sfruttamento che purtroppo arriva al livello dell’indecenza. E io ne ho già scritto fin dal lontano dicembre del 2014 in un post in cui descrivo uno degli aspetti meno nobili di questa perfetta organizzazione. Ma in quel periodo c’era anche da noi un personaggio che andava forte nella politica cercando di usare più o meno gli stessi metodi: organizzazione fluidissima e grande impulso alla produttività.

Per fortuna gli italiani sono riusciti a fermarlo prima che completasse il suo “brillante” progetto. Lui però non è ancora convinto e va dal principe saudita a cercare di capire cos’è mancato alla sua strepitosa iniziativa che ha comunque amputato un pezzo importante (l’art. 18) di quella magnifica conquista di civiltà che è lo Statuto dei Lavoratori. Uno strumento che deve essere allargato, non brutalizzato o eliminato come era, e forse è ancora, nelle intenzioni del nostro “modernizzatore”.

A questo fine trovo invece molto utile lo sciopero del 22 marzo scorso fatto dai lavoratori di Amazon al fine di protestare contro l’uso bestiale cui sono sottoposti queste categorie di lavoratori. Ne scrive anche Aboubakar Soumahoro in un bellissimo articolo sull’Espresso della scorsa settimana. Nel suo articolo, sorprendente anche per l’elevato livello della lingua italiana usata a rivendicare un trattamento umano per questi lavoratori, sottoposti a ritmi infernali e ad uno sfruttamento inumano. Lui è anche un valido sindacalista e ha creato una “Lega Braccianti” che in prima persona conduce, cercando tutti gli aiuti possibili per organizzare una forza capace di opporsi a queste brutalizzazioni di persone costrette a ritmi impossibili e pagate pochi euro al giorno.

Nel suo articolo conclude così: ”La sfida (degli sfruttati, nda) risiede proprio qui: ovvero come mettere l’innovazione al servizio dello sviluppo della persona in un sistema economico che deve essere al servizio dell’uomo entro una cornice di regole chiare in termini di doveri-responsabilità e di riconoscimento dei diritti”. Poi invita tutti i lavoratori della Gig Economy a trovare ogni forma possibile di aggregazione per opporsi a queste sopraffazioni.

Sono assolutamente d’accordo con lui e se ne stanno accorgendo anche in America. Infatti lo stesso neo presidente Biden si dichiara apertamente favorevole ad una rivitalizzazione dell’azione sindacale nel paese.

Occorre rivitalizzare l’azione sindacale per dare ai lavoratori una forza adeguata a sostenere i diritti di queste persone costrette a lavorare in condizioni spesso persino peggiori di quelle dei braccianti di inizio secolo scorso. Il mondo del lavoro è diventato un inferno insopportabile. Non si può inseguire solo la produttività, occorre curare anche l’umanità. Amazon e tutti gli altri fanno un ottimo lavoro nel servire i clienti, ma peggio di così non si potrebbe se guardiamo quel servizio dalla parte di chi ci lavora.

L’articolo Amazon dà un ottimo servizio, ma per chi ci lavora non credo potrebbe andar peggio proviene da Il Fatto Quotidiano.

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Fonte: ilfattoquotidiano.it

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