L’Italia non sarà obbligata a una legge sul salario minimo. E non sarà l’unica. A concedere questa “libertà” al Bel Paese è proprio l’Unione Europea.
In data 14 settembre 2022, il Parlamento europeo ha definitivamente approvato la direttiva sul salario minimo che diventerà legge dopo il via libera del Consiglio europeo, in programma entro settembre. Tuttavia, pur recependola, in Italia le cose potrebbero non cambiare.
Il motivo è da riscontrare nell’ampia diffusione del CCNL. Dato che in Italia la copertura della contrattazione collettiva supera l’80% del mercato del lavoro nazionale, qui non vigerà l’obbligo di riconoscere per legge il salario minimo. Stesso discorso vale anche per Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia.
Escluso l’obbligo, quello che la direttiva ci impone è di promuovere una genuina contrattazione collettiva, che tuteli i rappresentanti dei lavoratori nell’interesse di questi. Un’indicazione che il Segretario Generale della CISL Luigi Sbarra dava già qualche tempo fa, ribadendo l’inefficacia del salario minimo di legge quando esiste la via della contrattazione e le relazioni sindacali aiutano ad alzare gli stipendi di chi è in difficoltà (qui le sue parole).
Se può non esserci il salario minimo di legge, dunque, occorre trovare un altro modo per bandire quei contratti che prevedono salari troppo bassi: secondo i sindacati, le aziende e i loro rappresentanti, la soluzione per porre un freno alla miriade di contratti pirata sarebbe l’estensione dei CCNL firmati dalla organizzazioni comparativamente più rappresentative a tutte le imprese oggi non coperte.
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