Dopo l’incursione in una prima bozza del Recovery plan – poi ritirata -, il tema della riforma pensionistica è ritornato all’attenzione del dibattito e delle cronache. A fine 2021 si conclude la sperimentazione triennale di Quota 100 (almeno 62 anni di età e 38 di contributi per l’uscita anticipata dal lavoro) e lo scalone della Riforma Fornero, che prevede il pensionamento di vecchiaia a 67 anni o in alternativa 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le lavoratrici), sono in molti a volerlo veder slittare in avanti.
Molto difficile che si riesca ad arrivare ad uno slittamento in toto, come fatto per Quota 100 che in questi 3 anni ha costituito il regime principale di uscita dal mondo del lavoro, con le eccezioni di Ape Sociale, Opzione donna, usuranti, ecc.
Tra le varie proposte in campo c’è anche quella del Presidente dell’Inps Pasquale Tridico ha lanciato l’ipotesi di dividere la pensione in due quote anticipando solo la parte contributiva al compimento dei 62 o 63 anni, per poi dare la retributiva solo al compimento dei 67 anni, una proposta che se da un lato consentirebbe al lavoratore di andare in pensione anticipata, dall’altra non graverebbe eccessivamente sulle casse della previdenza pubblica.
Uno dei limiti della proposta Tridico è che avvantaggerebbe, nei fatti, solo chi ha un assegno consistente o comunque altre entrate in famiglia, per cui potrebbe non risentirne di un pensionamento economicamente ‘light’.
Tra le proposte di Tridico si registra anche un sistema di agevolazioni per i lavoratori fragili e per quelli impegnati in attività gravose oltre a un rafforzamento dell’Ape sociale. Infine un intervento sul meccanismo di adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita Istat tenendo conto che l’aspettativa di vita è diversa a seconda del lavoro svolto.
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