HomeEconomia & LavoroI commercianti sperano nella boccata d'ossigeno delle riaperture di Natale

I commercianti sperano nella boccata d'ossigeno delle riaperture di Natale

AGI – I commercianti sperano in una graduale uscita dalle zone rosse e arancioni e un prolungamento degli orari di apertura in vista del Natale, ma sono consapevoli che anche questa boccata d’ossigeno consentirà solo in minima parte di recuperare le perdite di questi mesi. E’ questo il quadro che emerge ascoltando le opinioni dei rappresentanti degli esercenti nelle principali città italiane.

Qualcuno, come Sergio Paolantoni, presidente di Fipe Confcommercio Roma, azzarda qualche cifra: “Nell’ultimo trimestre bar e ristoranti romani hanno perso 300 milioni di euro di fatturato, tornare all’orario lungo, rinunciando alla chiusura alle 18 ci consentirebbe di recuperare nel mese di dicembre circa cento milioni”. L’attività di delivery sostitutiva al lavoro serale, chiarisce Paolantoni, non sta dando ossigeno al settore: “L’ha adottata circa il 10 per cento dei nostri soci, funziona quando i ristoranti sono aperti come offerta aggiuntiva che consente di ammortizzare i costi, da sola non funziona”.

“Speriamo davvero che il governo decida, nel prossimo dpcm, di fare a meno dell’obbligo di chiusura alle 18 per bar e ristoranti. Dopo tutto quello che hanno speso per le misure di igienizzazione e distanziamento è giusto che tornino ai normali orari di somministrazione, recuperando almeno una parte della voragine di fatturato”. Se lo augura Valter Gianmaria, presidente di Confesercenti Roma, che spera inoltre nella  possibile riapertura dei centri commerciali nel weekend “dove si concentra circa il 40 per cento del fatturato”.

Gianmaria si augura però che, se l’andamento dell’epidemia lo permetterà, la decisione aperturista non sia limitata a una breve finestra: “Se non a tutto il periodo della pandemia, almeno oltre a quello delle festività, altrimenti sarebbe complicato, considerando i costi, richiamare i dipendenti in servizio per un breve periodo”. 

La ristorazione ha un fatturato annuo, dato dai consumi dei clienti, di circa 86 miliardi: 64 miliardi dall’apertura fino alle 18 e 22 miliardi dalle 18 alla chiusura. La Lombardia rappresenta circa il 18% del dato nazionale“. Questo il quadro tracciato dal presidente della Fipe, Lino Stoppani. Attualmente la Lombardia è in zona rossa, quindi gli esercizi sono chiusi: “Ma anche con lo spostamento in zona arancione bar e ristoranti resterebbero chiusi. In fascia gialla, invece, l’apertura puo’ avvenire fino alle 18”.

Anche con un’eventuale riapertura, in vista del Natale, Stoppani sottolinea che “è difficile fare una stima di quanto si può recuperare, di certo si riuscirà a limitare le perdite solo in minima percentuale, a causa sia dello shock economico subito dal Paese che ‘dell’effetto cicatrice’, cioè la gente è spaventata e non ricomincerà subito a spendere e ad andare in giro come prima”. A dicembre “i consumi totali valgono circa 115 miliardi di euro, su 900 miliardi complessivi annui e rischiamo di perdere la maggior parte per strada“, conclude.

Il presidente di Confesercenti Campania e Molise, Vincenzo Schiavo, cita alcuni dati significativi. “Dall’inizio dell’emergenza sanitaria – spiega – le imprese campane hanno perso circa 46 milioni di fatturato, 800 mila euro nelle ultime due settimane. Nella nostra regione l’economia del Natale vale intorno ai 10 milioni. Se si dovessero sommare le due cifre avremmo una voragine sempre piu’ difficile da colmare”.. “Oltre 20 mila realtà hanno gettato la spugna dal momento del lockdown – fa notare – dal nostro monitoraggio emerge che altre 50 mila vivono una situazione molto difficile, a causa dell’economia ferma, che si accompagna a uno stress bancario alto e ai debiti contratti con lo Stato, che in questa situazione non riusciranno a pagare”.

Anche chi è rimasto aperto durante la seconda ondata del virus, ragiona Schiavo, “non riesce neanche a coprire le spese”, perchè “il sistema gira poco e male. Queste mezze misure non ci faranno vedere la luce fuori dal tunnel ne’ risolveranno il problema nel breve periodo“, aggiunge. Per questo non è solo importante riaprire, ma in che modo. “Il Governo deve provvedere immediatamente ai ristori e al pagamento della cassa integrazione – ribadisce – solo cosi’ potremo sperare che, riaprendo i negozi, qualcuno entri e spenda.  

“Se non riapriamo le attività commerciali a dicembre molte falliranno, siamo disposti anche ad applicare protocolli di sicurezza più severi ma serve riaprire al piu’ presto”. A dirlo è Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti Torino. “I soldi promessi ai commercianti – aggiunge – non sono arrivati a tutti e stare chiusi a dicembre per il piccolo commercio significherebbe perdere il 30-40% del fatturato annuo”. 

La situazione è disperata, i ristoratori con l’asporto incassano il 90% in meno, ci sono baristi che lavorano dodici ore per guadagnare 20 euro. Non possiamo essere l’unico comparto che si fa carico dell’emergenza sanitaria, se a dicembre ci vietano di aprire il fallimento è assicurato per molti”.

“E’ fondamentale lavorare a Natale, a gennaio a secondo dei generi: recuperare non si recupera più nulla, i periodi chiusi sono periodi chiusi irrecuperabili, bisogna che lo Stato se ne faccia una ragione: le imposte, purtroppo, non potranno essere pagate”. Lo spiega Enrico Postacchini, Presidente di Confcommercio Ascom Bologna.

L’auspicio per il Natale ormai alle porte è “che si possa lavorare, in sicurezza come si è fatto fino adesso, che si possa stare aperti, e che il flusso tra persone sia contemplato e garantito tra regioni, all’interno delle stesse regioni, tra i comuni, in sicurezza , con mezzi pubblici e privati”. Riaprire dunque dalle 9 alle 22? “Più o meno è come oggi, sono rare le attività nel commercio che stanno aperte fino alla mezzanotte: certo che ai ristoranti – conclude – bisogna restituire la cena, perchè altrimenti non vale la pena stare aperti.

Bar e ristoranti sono tanti ma non sono di meno i negozi di calzature, piuttosto che l’ingrosso di carta: tutte le filiere si sono bloccate, chiudendo i bar abbiamo penalizzato gli agricoltori, i grossisti di frutta di verdura, i distributori all’ingrosso di bevande. Il 3 dicembre occorre che riprenda la circolazione delle persone : ci aspettano degli anni difficilissimi, anche perche’ i debiti contratti per stare in piedi adesso dureranno una mezza vita”.

“Un ritorno a orari ‘normali’ rappresenterebbe una boccata d’ossigeno soprattutto per bar e ristoranti. Dopo un ‘tregua’ nella prima parte dell’anno, infatti, da maggio in poi c’è stato un crollo nel commercio e il numero delle imprese cancellate è cresciuto in maniera notevole rispetto alle iscrizioni. Però noi abbiamo bisogno di certezze e al momento si tratta solo di voci”.

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Fonte: agi.it

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