Incidenti sul lavoro, anche mortali. Solo negli ultimi giorni, forse complice la stanchezza e il clima rovente, se ne sono registrati 3 e così si riaccende il dibattito sui provvedimenti politici da prendere per frenare una delle piaghe nazionali.
Una delle novità di maggior rilievo è che nel Governo c’è chi inizia a parlare di ‘patente a punti per le imprese’. Si tratterebbe dell’accoglimento di una proposta sindacale – lanciata da anni per l’edilizia dalla Fillea-Cgil e appoggiata anche dalle altre sigle – che dovrebbe funzionare come per la patente di guida.
Ogni azienda parte da 30 punti e ne perde se ha infortuni e incidenti riconducibili alla propria responsabilità: lavoratori senza dispositivi di protezione individuale (Dpi), attrezzi o macchinari non a norma, ecc.
Parallelamente li può guadagnare se investe in sicurezza e formazione e non è protagonista di incidenti.
Il sistema della patente a punti avrebbe il suo primo importante banco di prova nella partecipazione alle gare di appalto: se l’azienda arriva a zero punti non può partecipare agli appalti e allo stesso modo un punteggio ‘in sicurezza’ più alto le favorisce nell’aggiudicazione di un appalto nelle gare a parità di offerta economica.
Qualcosa di simile a dire il vero era già prevista dal decreto legislativo 81 del 2009 all’articolo 27 “sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi”, ma non è mai stata attuata per la forte opposizione delle imprese. Si tratterebbe quindi, per il Governo di riprendere questa oramai vecchia previsione legislativa, di 13 anni fa, renderla attuale e cercare il consenso politico ma soprattutto la convergenza delle associazioni che rappresentano le imprese, perchè dovranno essere queste poi a metterla in pratica.
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